mercoledì, agosto 15, 2007

Protopoema di Josè Saramago

Dal gomitolo attorcigliato della memoria, dall’oscurità dei doppi nodi, tiro un filo che mi sembra sciolto. | Pian piano lo libero, per paura che mi si disfi tra le dita. ! È un filo lungo, verde e azzurro, che odora di limo e ha la calda morbidezza del fango vivo. ! È un fiume. | Mi scorre tra le mani, ora bagnate. | Tutta l’acqua mi passa fra le palme aperte, e d’improvviso non so se le acque nascano da me o verso di me fluiscano. | Continuo a tirare, ormai non più solo memoria, ma il corpo stesso del fiume. | Sulla mia pelle navigano barche, e io sono pure le barche e il cielo che le sovrasta, e gli alti pioppi che lentamente scivolano sulla pellicola luminosa degli occhi. | Nuotano nel mio sangue pesci e oscillano fra due acque come i richiami imprecisi della memoria. | Sento la forza delle braccia e il bastone che le prolunga. | Nel profondo del fiume e di me, scende come un lento e deciso pulsare del cuore. | Ora il cielo è più vicino e ha cambiato colore. | È tutto verde e sonoro perché di ramo in ramo risveglia il canto degli uccelli. | E quando in un ampio spazio la barca si ferma, il mio corpo nudo brilla sotto il sole, nello splendore più grande che accende la superficie delle acque. | Li si fondono in una sola verità i ricordi confusi della memoria e la sagoma repentinamente annunciata del futuro. | Un uccello senza nome scende non so da dove e silenzioso va a posarsi sulla rigida prua della barca. | Immobile, aspetto che l’acqua si bagni tutta di azzurro e che gli uccelli dicano sui rami perchè sono alti i pioppi e rumorose le loro foglie. | Poi, corpo di barca e di fiume nella dimensione dell’uomo, proseguo verso la fulva acqua stagnante che le spade verticali circondano. | Lì, di tre palmi interrerò il mio remo fino alla pietra viva. | Sarà il grande silenzio primordiale quando le mani si congiungeranno alle mani. | Poi saprò tutto

Nessun commento:

Sottoscrivi via Email

Inserisci la tua email:

Delivered by FeedBurner