Quando abbiamo un dolore, la prima cosa che vogliamo è che passi, quando abbiamo una malattia, la prima cosa che vogliamo è guarire.
E questo è legittimo.
I problemi nascono quando cerchiamo di ottenere il risultato desiderato. Solitamente consideriamo il dolore e la malattia come dei nemici che vengono dall’esterno ed iniziamo a combatterli.
La scienza medica ci mette a disposizione armi sempre più efficaci, farmaci e tecnologie sempre più avanzate per portare avanti e vincere la nostra guerra. Farmaci intelligenti, come le bombe, raggi laser mirati, come le missioni dei top gun, organi di ricambio e manipolazioni genetiche, come la nostra auto nel box o la frutta del supermercato.
La cultura occidentale, dal momento che ogni guerra si vince prima di tutto con le idee, ci mette a disposizione un paradigma, quello positivista, sostenuto da tre secoli di scienza e millenni di civiltà del dominio. Una civiltà per la quale la natura umana è fondamentalmente malvagia, gli istinti vanno repressi, le emozioni controllate, la creatività limitata, l’immaginazione svalutata e la ragione domina incontrastata. Una civiltà dove la divinità è unica, risiede nell’alto dei cieli e detta ferree leggi morali da rispettare, pena la dannazione eterna; dove il superamento dei confini della coscienza razionale – fatti non foste per viver come bruti – viene vissuto come un pericolo da evitare e, l’anelito all’estasi, all’espansione della coscienza, è perseguito per legge. Una civiltà che elegge l’efficienza a valore e considera nemico tutto ciò che la ostacoli, che rimuove la sessualità dal suo sistema di valori per poi mercificarla ovunque, nei suoi media, nei suoi spettacoli, nei suoi prodotti, negli angoli oscuri delle proprie città. Una civiltà dove è sano chi produce e malato chi non ce la fa, dove i buoni sono quelli più simili a noi e cattivi i diversi.
Obbiettivo, risultato, controllo, ragione, successo, efficienza, pericolo, guerra, sono alcuni dei termini più usati nella cultura medica moderna.
In questo lavoro cercheremo di conoscere la vera natura del processo di guarigione, di dimostrare che salute non è assenza di sintomi e che la civiltà del dominio e il paradigma positivista che ne deriva devono essere superati se vogliamo costruire una società più sana e rispettosa delle leggi naturali che la determinano. Cercheremo inoltre di tracciare le linee essenziali del nuovo paradigma olistico, candidato a raccogliere l’eredità di quello positivista, e, soprattutto, di fornire strumenti pratici e efficaci per compiere un percorso di auto-guarigione. Un percorso che parte dall’esperienza interiore, dall’assunzione di responsabilità, dalla pace, dalla fiducia e dall’amore nei confronti di se stessi. Lungo il cammino impareremo a riconoscere che star bene è un nostro diritto ed una possibilità reale, che il nostro organismo è in grado di mantenere e ritrovare il proprio equilibrio, qualora vengano create le condizioni giuste. Impareremo a renderci conto che gli unici veri nemici di noi stessi siamo proprio noi e che, in realtà, una delle nostre più grandi paure è proprio quella di stare bene.
Impareremo a renderci conto che la malattia è sempre la scelta più economica per un organismo che voglia resistere al cambiamento sotto la spinta del Sé, delle forze creative della nostra anima. Forze creative che nel mondo classico avevano una importanza tale da venire considerate divinità e che, nella nostra società occidentale, vengono represse e negate a vantaggio della razionalità, al punto da costringerle ad esprimersi solo attraverso la creatività degli artisti, i sogni o i sintomi.
Attraverso la biotransenergetica potremo restituire agli dei che “sono diventati malattie”, come sostiene Jung, il loro posto a palazzo, sostituendo il dittatore, Io-razionalità, con il democratico dialogo delle voci del Sé. Potremo sostituire al metodo classico di affrontare le patologie, cioè tramite una terapia tendente a liberare il paziente dai suoi disturbi – cioè sopprimere la voce delle divinità interiori, lo slancio delle forze creative dell’anima - un modo ulteriore che sappia riconoscere in ogni sintomo un’opportunità, una risorsa da amare e non da combattere, un alleato che indica la via verso se stessi, verso il proprio maestro interiore.
Una via però che non è affatto agevole e che richiede, prima di tutto, coraggio, responsabilità e fermezza.
Il coraggio di cambiare, di lasciare gli alibi e i pretesti per restare come siamo, gli attaccamenti e i condizionamenti che mantengono la visione che abbiamo di noi stessi e del mondo, le spiegazioni e le motivazioni che giustificano i nostri comportamenti e le nostre abitudini.
La responsabilità, delle nostre azioni e soprattutto del nostro potere. Il potere di dire sì e dire no, il potere di scegliere, di usare la nostra forza in una direzione o nell’altra, di amare o di odiare, di vivere o morire, di essere sani o malati, tristi o felici.
La fermezza nell’intento che ci consenta di non “cadere in tentazione”, di riconoscere gli agguati che ci portano fuori strada, di scorgere la luce nell’ombra, di non perdere la fiducia anche nei momenti più difficili, consapevoli che ogni difficoltà è una porta verso noi stessi e che, quando ce ne andremo, porteremo con noi stessi solo l’amore che avremo lasciato nel mondo.
Pier Luigi Lattuada, L’arte medica della guarigione interiore, Franco Angeli
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