Capita spesso di sentir dire da un paziente "Io voglio guarire, ma non voglio cambiare". Consciamente il paziente chiede di guarire dai sintomi, ma di non diventare "anormale" rispetto alla realtà. Ma spostando la richiesta sul piano inconscio, si scopre che egli chiede di non intaccare la sua "anormalità", bensì di renderla meno infelice rispetto alla realtà. E ogni volta che questo scopo è stato raggiunto si può considerare un buon esito dell'analisi. In questo libro la McDougall si occupa proprio di ciò. Quanto di "patologico" vi è nelle perversioni, nelle deviazioni più aberranti, e quanto di "normale" vi è negli individui perfettamente normali, in coloro che mai andrebbero da uno psicoanalista perché "stanno troppo bene nella loro pelle"? Seguendo il suo discorso si viene a scoprire che l'esperienza psicoanalitica è in grado di svelare che l'individuo perfettamente normale, superadattato, è un uomo che ha perso totalmente il contatto con il proprio inconscio. Un bambino che ha dimenticato presto e troppo bene di ragionare con ingenuità e curiosità, di guardare alla realtà senza dare un'immediata spiegazione conforme alle regole del familiare. Mentre nella malattia nevrotica, così come nella perversione o nella psicosi, la ricostruzione analitica dello scenario inconscio rivela una notevole creatività. Una creatività che non ha saputo coniugarsi con le regole della realtà ma cui il lavoro analitico può ridare un senso. Sempre forse un po' 'unbeimlich' ma ricco e pregnante per l'individuo stesso e per gli altri. Che cosa trasforma i bambini, così speciali e così geniali, in persone che geniali e speciali non lo sono più, una volta adulti? si chiedeva Freud. A questa domanda la McDougall fornisce alcune risposte, e per ciò le siamo grati. È vero, come lei afferma, che gli analisti sono degli emarginati che si occupano di emarginati, "ma se non fosse più così, se la psicoanalisi cessasse un giorno di essere in margine alle norme accettate, allora non assolverebbe più la sua funzione".
scheda di Abeni, M., L'Indice 1994, n. 3 sul libro "A favore di una certa anormalità" di McDougall Joyce
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