Si dice che la cultura occidentale sia fondata sulla ragione e lo si dice in tono definitivo, tanto da crederci. La ragione è stata poi identifìcata con il pensare ed il pensare, in quanto facoltà di mettere in rapporto i concetti e le preposizioni, ha finito con l'equivalere a giudizio, discernimento, logica.
In tutto è stato messo al servizio di una morale, quella giudaico-cristiana è confezionalo come il prodotto più sano ed elevato dell'attività mentale. Col tempo si è finito per dimenticare che il termine ragione deriva dal latino ratus, participio passato di reri, che signifìcava in origine "stabilire, fissare, contare" e che il termine '"razionalità" deriva dal campo economico, nel quale era slato introdotto per designare il comportamento tipico di chi calcola i rischi e i vantaggi di una cerla azione per trarne il maggior profìtto. Col tempo si è spinti sino a considerare la ra#zionalità l'essenza stessa dell'uomo.
E nessuno pare stupirsi. La nostra cultura, fondata sulla facoltà di calcolare come trarre maggior profitto dalle nostre azioni, crede in un Dio che ci esorta ad amarci gli uni gli altri come fratelli. Qualcosa stona: amore e tornaconto personale non vanno d'accordo
È esperienza di noi tutti che con la ragione non si arriva all'amore, ma la cultura del primo mondo, la "civiltà definitiva" persevera nell'impresa improbabile della moglie ubriaca e della botte piena.
Vuole tutto: anche il caffè, come direbbe Battiato. Si erge a paladina dell'amore e si arrocca nella cittadella fortificata della ragione, persegue la democrazia attraverso la dittatura della ragione, predica la fratellanza ma a patto che fratelli diversi riconoscano il loro errore e si ravvedano.
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